Rocca Calascio

Rocca Calascio è una rocca situata in Abruzzo, in provincia dell'Aquila, nel territorio del comune di Calascio, all'interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ad un'altitudine di 1.460 metri s.l.m. È conosciuta per la presenza della rocca, una delle più elevate d'Italia, e dell'antico borgo sottostante, oggi disabitato.
La fondazione della rocca si fa risalire all'anno 1000 anche se il primo documento storico che ne attesta la presenza è datato 1380. La struttura originaria era costituita da un torrione isolato di forma quadrangolare a pietre già squadrate ed aveva funzione di torre d'avvistamento.
Nel XIV secolo è possedimento di Leonello Acclozamora della baronia di Carapelle. Successivamente, verso la fine del XV secolo, venne concesso da re Ferdinando ad Antonio Todeschini della famiglia Piccolomini che rafforzò la fortificazione dotandola di una cerchia muraria in ciottolame e quattro torri di forma cilindrica ad uso militare. Durante questo periodo la rocca vide crescere il proprio peso economico, poiché posta a controllo dei capi di pecore coinvolti nella transumanza sulla direttrice del regio tratturo per Foggia, ed ai suoi piedi si sviluppò un piccolo borgo, a sua volta cinto da mura.
Nel 1579 la famiglia Medici acquistò per 106.000 ducati la rocca ed il vicino borgo di Santo Stefano di Sessanio al fine di estendere i propri possedimenti per sfruttare il commercio della lana. Nel 1703 venne devastata da un violento terremoto in seguito al quale l'area più alta del borgo venne abbandonata e buona parte della popolazione si trasferì nel vicino paese di Calascio[4], la cui nascita è collegata alla distruzione della rocca.
Nel XX secolo anche le ultime famiglie rimaste abbandonarono il borgo e la rocca rimase disabitata. Sul finire del secolo però, anche sull'onda del successo derivato dall'ambientazione di alcuni film (su tutti "Lady Hawke" del 1985), alcune abitazioni sono state recuperate ed altre sono state convertite a strutture ricettive; il castello, inoltre, ha subito un'importante operazione di restauro e consolidamento ed è oggi una delle principali attrazioni turistiche della zona.
Il castello: domina la valle del Tirino e l'altopiano di Navelli a poca distanza dalla piana di Campo Imperatore, è situato su un crinale a 1.460 metri d'altezza, in una posizione molto favorevole dal punto di vista difensivo ed era utilizzato come punto d'osservazione militare in comunicazione con altre torri e castelli vicini, sino all'Adriatico.
La struttura, interamente in pietra bianca a conci squadrati, si compone di un maschio centrale, probabilmente preesistente, di una cerchia muraria merlata in ciottoli e quattro torri d'angolo a base circolare fortemente scarpate. L'accesso avviene attraverso un'apertura sul lato orientale posta a circa cinque metri da terra, cui si accede attraverso una rampa in legno, originariamente retrattile, poggiata di mensole in pietra.
Il castello, danneggiato dal terremoto del 1703, è stato soggetto a una serie di restauri conservativi tra il 1986 ed il 1989 volti a risanare la struttura e a consentirne il recupero architettonico-funzionale, ed è oggi fruibile gratuitamente ai visitatori.
Il borgo: situato a sud-ovest rispetto al castello, lungo il sentiero che da Santo Stefano di Sessanio porta all'abitato di Calascio, compone con esso un unico organismo fortificato.
Il suo sviluppo è legato alle modeste dimensioni del castello e all'esiguità di uomini che riusciva ad ospitare, oltre che alla necessità di salvaguardare la popolazione dagli assalti di invasori e pirati. Il collegamento con il castello avveniva attraverso un ponte levatoio in legno, oggi sostituito da una semplice rampa.
Può essere distinto in due parti, una originaria adiacente al castello ed una posta più a valle e più recente. La parte alta venne praticamente abbandonata già in seguito alle distruzioni causate dal terremoto del 1703 ed è oggi in forma di rudere; la parte bassa era invece abitata sino al primissimo dopoguerra ed è stata sottoposta negli anni a numerosi restauri conservativi. Accanto a forme di restauro, per così dire "pubbliche", vanno segnalati anche interventi di semplici appassionati della montagna abruzzese che hanno contribuito con i loro interventi al recupero del sito.

(fonte: Wikipedia)