Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore

San Maurizio al Monastero Maggiore è una chiesa di Milano, un tempo sede del più importante monastero femminile della città, appartenente all'ordine benedettino, collocata all'angolo tra via Luini e corso Magenta, di origine paleocristiana, ricostruita nel Cinquecento. È decorata internamente con un vasto ciclo affreschi di scuola leonardesca e viene indicata come la "Cappella Sistina" di Milano e della Lombardia.
Il monastero è documentato già in epoca carolingia e riutilizza in parte alcuni edifici romani; ancora oggi fanno parte del complesso una torre poligonale, resto delle antiche mura di Massimiano, e un'altra quadrata, che in origine faceva parte del circo romano.
La costruzione della chiesa attualmente esistente ebbe inizio nel 1503, come è inciso su una pietra ritrovata nell'abside. Perduto qualsiasi documento inerente la sua progettazione, è attribuita dalla critica all'architetto e scultore Gian Giacomo Dolcebuono, coadiuvato dall'architetto Giovanni Antonio Amadeo, al tempo responsabili della costruzione del tiburio del duomo di Milano, e attivi anche alla certosa di Pavia e alla chiesa di Santa Maria presso San Celso. L'edificio fu completato in pochissimi anni, tanto che nel 1509 vi furono già collocate le prime lapidi sepolcrali. Per ultima fu conclusa la facciata, nel 1574, da Francesco Pirovano.
La chiesa, che comprendeva anche una cripta, oggi inserita nel percorso di visita del museo archeologico, fu concepita divisa in due parti, un'aula anteriore, pubblica, dedicata ai fedeli ed un'alula più grande, posteriore, riservata esclusivamente alle monache del monastero. Le monache non potevano in alcun modo oltrepassare la parete divisoria; le porte di comunicazione fra le due aule furono aperte solo successivamente alla soppressione del convento, nell'Ottocento. Esse potevano assistere allo svolgersi della funzione, che veniva officiata nell'aula dei fedeli, attraverso una grande grata posta nell'arcone sopra l'altare. A tale scopo nella chiesa conventuale il livello del pavimento è più alto di circa mezzo metro rispetto all'aula pubblica. La grata, che un tempo occupava tutto l'arco al di sopra dell'altare, fu ristretta alla fine del Cinquecento su ordine dell'arcivescovo Carlo Borromeo, per rendere più rigido il regime claustrale. Al suo posto fu collocata la pala d'Altare con L'adorazione dei magi oggi ancora in loco.
L'imponente decorazione ad affresco, che rese celebre il tempio, lodato da Ruskin e da Stendhal, fu iniziata nel secondo decennio del cinquecento da autori della scuola di Leonardo da Vinci, impegnato in quegli anni a Milano alla Vergine delle Rocce, quali forse Giovanni Antonio Boltraffio.
Indirizzo: Corso Magenta 15, Milano