Chiesa di Santa Croce

L’ex convento di Santa Croce a Bosco Marengo, con la sua chiesa monumentale ad aula, è uno dei complessi artistico architettonici più significativi del secondo Cinquecento italiano.
Singolare isola di cultura tosco-romana nel cuore del settentrione d’Italia (basti citare l’eccezionalità del contributo di Giorgio Vasari, voluto espressamente dalla committenza), fu uno dei primi grandi cantieri in cui trovarono applicazione le nuove idee e le nuove immagini divulgate dalla Controriforma all’indomani del Concilio di Trento.
Il complesso fu voluto dal domenicano Michele Ghislieri che, eletto papa col nome di Pio V il 7 gennaio 1566 (unico alessandrino e unico piemontese), nello stesso anno deliberò la costruzione, nella sua città natale, di un grande convento e della relativa chiesa - che avrebbe dovuto accogliere anche le sue spoglie - col preciso intento di farne un “monumento-simbolo”, baluardo della cristianità vittoriosa contro l’eresia.
Inizialmente l’idea doveva comprendere la realizzazione anche di una nuova città aggregata alla fondazione conventuale: forse anche per questo motivo vediamo la presenza del perugino Egnazio Danti, domenicano, cosmografo, matematico e architetto “eccellente”, fra il 1567 e il 1569 sul luogo. Di fatto l’architetto della fabbrica fu il lombardo Martino Longhi di Viggiù, molto apprezzato negli ambienti artistici romani, attivo sul cantiere fin dal 1568, in collaborazione, per qualche tempo, anche con Giacomo Della Porta, altro prestigioso architetto papale.
Negli stessi anni Giorgio Vasari forniva il progetto per la grande macchina dell’altar maggiore (smembrata nel XVIII secolo), eseguendone personalmente molte delle tavole che la rivestivano, e abili scultori-intagliatori come Angelo Marini e Giovanni Gargiolli fornivano lo strepitoso arredo ligneo della chiesa. Il convento era destinato già dall’origine all’Ordine dei Padri Predicatori Domenicani, a cui lo stesso Ghislieri apparteneva.