Castello di Castellamonte

I saloni della Torre Rossa, l’antico giardino a balconata, il profilo irregolare e suggestivo delle architetture accolgono una nuova stagione di vita e ospitalità

Comune:Castellamonte
Regione: Piemonte e Valle d'Aosta
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Castello di Castellamonte

Negli anni Sessanta del Seicento, Amedeo di Castellamonte, Primo Architetto dei Savoia e autore della Reggia di Venaria, ereditò da uno zio i ruderi del castello e li ricostruì come sua abitazione.

L’architetto di Sua Altezza riplasmò il palazzo bianco tra le mura duecentesche e le torri quattrocentesche, sulla sagoma dell’antico edificio medievale che gli antenati conti di Castellamonte, discendenti di Re Arduino, avevano costruito intorno all’anno Mille.

Nel 1066 la vita del castello è già documentata sul promontorio che domina l’intero Canavese, protetta dal lungo muro di cinta intorno al quale nei secoli si sviluppò il villaggio.

Alla metà dell’Ottocento furono i Conti di San Martino ad aggiungere la caratteristica Torre Rossa in stile neo-gotico, facendola decorare con la terra rossa tipica di Castellamonte.

Oggi i saloni della Torre Rossa, passati ai conti Ricardi di Netro, l’antico giardino a balconata, il profilo irregolare e suggestivo delle architetture accolgono una nuova stagione di vita e ospitalità: concerti, feste e mostre, tra cui l’annuale Mostra Internazione della Ceramica, giunta nel 2015 alla 54ª edizione.

La storia del Castello di Castellamonte

Le prime notizie sono documentate dal 1066, ma la struttura doveva già esistere nei decenni precedenti: furono i discendenti di Arduino, Marchese d'Ivrea e poi Re d'Italia, i Conti di Castellamonte che lo trasformarono in una delle più complesse strutture fortificate del Canavese.

Dalla rocca, il muro di cinta scendeva verso la pianura cingendo l’intera collina, fino a raggiungere la strada che collegava Cuorgnè ed Ivrea. Lungo il muro del castello, dove si aprivano le sette porte ancora oggi visibili, e la strada che vi correva si sviluppò il paese, che appunto prese il nome dal suo castello.

Nel corso del Tre e Quattrocento i Conti di Castellamonte si divisero in varie linee e rami, che per differenziarsi assunsero degli “agnomi”, come Cagnis, Cognengo, Aimone, Della Porta, Merlo… e gestivano il grande feudo attraverso l’istituto del consortile feudale.

Il contado di Castellamonte era diviso in 271 “punti di giurisdizione”, che i vari rami della famiglia esercitavano secondo una rotazione triennale. Dal ramo Cognengo nacquero Carlo di Castellamonte (Torino, 1560 – Torino, 1641) e suo figlio Amedeo di Castellamonte (Castellamonte, 1618 - Torino, 1683), che furono ambedue architetti dei Savoia.

Il primitivo castello fu distrutto durante il tuchinaggio nella rivolta dei tuchini del 1383-1387, nel corso della guerra del Canavese, che devastò la regione a partire dal 1339: i Castellamonte, infatti, alleati dei San Martino, appoggiati dai Savoia, furono posti sotto assedio da parte dei Valperga e dei loro alleati, i marchesi del Monferrato, che tentavano di espandersi nella zona. La rivolta iniziò nelle terre dei Castellamonte e poi dilagò in tutto il Canavese, con eccidi di feudatari e distruzioni di castelli. Solo nel 1387 Ibleto di Challant, inviato da Amedeo VIII di Savoia, riuscì a riportare la calma e la “pax sabauda”.

Il castello fu ricostruito all'inizio del Quattrocento: di quell'epoca restano la torre-porta del muro di cinta, la torre-porta di ingresso al castello e l'impianto generale del castello, con i quattro edifici sorti intorno alla strada di accesso. I due edifici verso nord contengono al loro interno varie testimonianze del periodo.

Ulteriori devastazioni avvennero nella prima metà del Cinquecento, durante le guerre tra francesi e spagnoli, durante l’incursione del maresciallo de Brissac in Canavese del gennaio 1552.

A partire dalla metà dell'Ottocento, i conti di San Martino di Sale e Castelnuovo, che dal 1611 si erano trasferiti a Castellamonte diventandone consignori, acquistarono l'intera proprietà del castello e ne riplasmarono varie parti.

Nel corso del XX secolo dai San Martino passò per eredità ai conti Ricardi di Netro.

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