Villa Rossi Danielli

Comune:Viterbo
Regione: Lazio
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Villa Rossi Danielli, Viterbo

Il complesso edilizio monumentale di Villa Rossi Danielli è costituito da due strutture vicine, di epoca e stili differenti. La villa, residenza estiva della famiglia Rossi Danielli dall'inizio del XIX secolo e il vecchio fabbricato rurale, abitazione dei contadini che si occupavano della proprietà, oggi completamente restaurato e adibito a foresteria. L’accesso alla tenuta avviene attraverso uno stretto cancello retto da due colonne in pietra peperino che altro non sono che la sovrapposizione degli estradossi delle ogive ricorrenti delle bifore di un distrutto porticato del convento di S. Maria in Gradi e che furono sostituiti in occasione dei lavori di ingrandimento dello stesso convento nel 1738. I due pilastri risultano cosi costituiti da 18 elementi ciascuno; alla sommità un altro elemento è poggiato “ in piedi “ sormontato da una palla sempre in peperino. A fianco delle colonne entrando, è un contropilastro sempre in blocchi di peperino movimentato dalla immagine scalfita di una colonnina.

Un lungo viale delimitato da cipressi e ulivi conduce al complesso. La villa è un edificio compatto a pianta rettangolare che si sviluppa su cinque piani, considerando le cantine che sono presenti sotto l’edificio arrivando fino alle soffitte. Il prospetto principale, volto a mezzogiorno e ad occidente, si presenta come una struttura a tre piani che prende sviluppo da una più ampia piattaforma per le due terrazze che a livello del piano nobile allargano la base di appoggio. E’ il risultato dello sfruttamento del dislivello del terreno che ha permesso di localizzare al piano terra da una parte locali adibiti a servizi e dall'altra androni adibiti a magazzini e di creare, per l’accesso al piano nobile al primo piano, due monumentali e solenni scaloni gemelli alla sommità dei quali si trova il portone principale di ingresso della villa. Sull’architrave del quale è scolpita una epigrafe: A.R.P.M. F.J.DETERAN. SOCIUS HISPANIAE. F. ANN MDCCXCVII

Nel linguaggio epigrafico si legge:

ADMODUM REVERENDUS PATER MAGISTER FRATER JOACHIM DE TERAN SOCIUS HISPANIAE FECIT ANNO MDCCXCVII

Posta sopra il portone, una grande meridiana ingentilisce l’austera facciata del corpo principale della villa che è stato recentemente restaurato nel pieno rispetto della sua storia e dell’architettura tipica del tempo. Le decorazioni dell’epoca, i raffinati e originali arredi del piano nobile offrono ambienti eleganti e raffinati. Un grande salone con camino, una biblioteca, un salotto con biliardo, e diversi altri salotti completano il piano nobile e invogliano all'ozio. Al piano terra una lunga galleria ospita la sala da pranzo mentre una grande cucina attrezzata con una lunga scala che scende scavata nel tufo porta fino alla cantina dove sono conservati vini di grande valore, un piccolo bagno di servizio completa la parte residenziale della villa. In corrispondenza della scalinata che conduce all'ingresso principale della villa, sul lato sinistro a livello del terreno antistante, si trovano degli ambienti scavati direttamente nel masso di peperino, impiegati fino agli anni recenti come magazzini, stalle e ricovero di attrezzi. Uno di questi ambienti presenta singolari decorazioni architettoniche con modanature e nicchie ancora ben visibili sulla parete, una più grande delle altre è posta al centro di due aperture che conducono in altrettante piccole stanze ed è rivolta verso l’ingresso. Per le dimensioni e il rilievo della posizione nella parete questa nicchia doveva in origine alloggiare una grande statua, oggi perduta. Tutti questi elementi, ai quali va aggiunta la prossimità di una cisterna di acqua utilizzata fino alle epoche recenti, erano con ogni probabilità pertinenti ad un ninfeo, un luogo che in ogni villa rinascimentale era destinato al sollievo dalla calura estiva, solitamente decorato con statue, giochi d’acqua e a volte ornamenti parietali con conchiglie e ciottoli di fiume. Anticamente chiamato semplicemente “grotta”, perché molto spesso la decorazione rimarcava l’aspetto di un ambiente ipogeo, il ninfeo era un luogo appartato rispetto alla vita principale della villa, come del resto si può ammirare nella vicina villa Lante di Bagnaia ed in molte altre ville del Viterbese. Considerata la posizione di questo ambiente rispetto all’attuale villa è probabile che esso fosse parte di una struttura più antica, preesistente alla costruzione che oggi vi si sovrappone.

La casa colonica adiacente alla villa, la cui parte più antica è della stessa epoca, è stata ingrandita in epoca più recente, fine XIX secolo e si sviluppa su due piani. Il piano superiore era adibito ad abitazione per i contadini e il piano terra utilizzato come stalla e magazzini per rimessaggio di attrezzi agricoli. Oggi è stata completamente ristrutturata e adibita ad alloggio agrituristico con il nome di Relais di Villa Rossi Danielli ed è composto da 5 stanze ognuna con bagno indipendente, 1 suite con salottino privato e camino, 2 ampie stanze matrimoniali e due stanze con letti singoli di cui una con salottino privato.

Al piano terra le vecchie stalle sono state recuperate e adibite a zona comune. E’ stato ricavato un ampio salone riscaldato da un grande camino dove ci si può intrattenere con gli amici, una stanza da pranzo e una cucina dove la cuoca Enrica è sempre pronta a cucinare per gli ospiti. Il porticato è il posto ideale dove poter godere semplicemente di un buon bicchiere di vino o di pranzi e cene all'aperto al lume di candela respirando aria di altri tempi.

Il parco è composto in prevalenza da alberi di alto fusto: querce, lecci, robinie, pini, tigli, siepi di viburno e alloro ma soprattutto da due gallerie monumentali di bosso che ornano la facciata principale della villa. Alberi con circonferenze che variano dai 2.50 ai 3.75 mt. che conferiscono al complesso edilizio un aspetto monumentale e solenne. Rose, dalie, gigli e soprattutto ortensie contribuiscono con le loro fioriture a rendere una passeggiata nel parco un’esperienza olfattiva e visiva indimenticabile.

La piscina immersa nel silenzio ovattato del parco invita gli ospiti a oziare e a trascorrere giornate in pieno relax.

Una piccola chiesa di campagna particolarmente adatta per cerimonie private completa il tutto.

Dalla villa si gode di una spettacolare vista su Viterbo e la maremma laziale fino a intravedere nelle giornate più terse il promontorio dell’Argentario e il mare. La distesa di ulivi che circonda la villa produce un olio DOP venduto e apprezzato in tutto il mondo.

La storia di Villa Rossi Danielli

Le ville del viterbese hanno quasi tutte una storia che le ricollega a famiglie patrizie o a conventi dei vari ordini religiosi in un contesto di un’attività agricola di tipo poderale mezzadrile. La storia di Villa Rossi Danielli non è da meno. Infatti le prime notizie certe ci riportano alla seconda metà del cinquecento quando era proprietario della villa e del podere circostante Giacomo Sacchi esponente di una ricca e nobile famiglia che si era insediata a Viterbo nel 1297 con Giovan Giacomo Sacchi il quale era stato investito dell’ufficio di Tesoriere della provincia del patrimonio. Prima del cinquecento abbiamo solo poche e vaghe notizie riguardanti la conduzione del podere che a quel tempo risultava coltivato a vigna. Il 3 luglio 1587, Giacomo Sacchi dettava il proprio testamento con il quale disponeva che alla sua seconda moglie, Lucia de Bussi, andasse la quarta parte delle rendite della proprietà posta in località Merlano. Infatti questo era il toponimo con il quale si identificava e si continua ad identificare ancora oggi il territorio ad ovest della strada provinciale Viterbo-S. Martino al Cimino. Ordinava invece ai suoi eredi di mantenere il possesso del bene e qualora dovesse subentrare la necessità di privarsene avrebbero dovuto privilegiare nella vendita i padri domenicani del convento di S. Maria in Gradi e in second’ordine l’ospedale cittadino. Nel 1586 Orazio Sacchi, figlio di Giacomo, sposava nella cappella della tenuta la nobildonna Giulia Tignosini. Nel 1650, alla morte di Orazio, i figli Domenico e Tarconte cedono la proprietà della villa e del podere circostante ai padri domenicani di S. Maria in Gradi i quali usano la villa come residenza estiva per gli ospiti illustri del convento. Infatti l’epigrafe riportata sul portone principale ricorda il soggiorno che nel 1797 l’assai reverendo padre maestro Fr. Joachim de Teran, assistente per le provincie di lingua spagnola del maestro generale dell’ordine domenicano Fr. Balthasar de Quinones, fece nella villa. Questi fu il primo dei personaggi illustri che soggiornarono nella villa e molto probabilmente, con il consenso dell’intera comunità religiosa, si occupò anche del restauro della villa.

La fine del 18° secolo segna per lo Stato Pontificio un periodo molto incerto. Napoleone stava concludendo la prima campagna d’Italia e i soldati francesi entrano in Romagna portatori di idee nuove nei territori del Papa. Viene occupata Ancona e il trattato di Tolentino sancisce la perdita delle Legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna, come erano denominate le provincie dell’antico Stato Pontificio. In un’atmosfera di grandi innovazioni sociali il vento rivoluzionario soffia sulle terre papali e nel febbraio del 1798 le truppe del generale Berthier occupano Roma e raggiungono Viterbo. Inizia così la spoliazione del patrimonio artistico italiano che migrerà verso Parigi a cui non si sottraggono i due più importanti possedimenti domenicani a Viterbo: il convento di S. Maria in Gradi e il convento della Basilica di S. Maria della Quercia.

Luigi Rossi Danielli, esponente di una antica e nobile famiglia viterbese, come riportato da Padre Semeria, domenicano del convento di S. Maria della Quercia, acquista il 19 giugno 1812 dal governo francese il complesso monumentale del convento per evitare il saccheggio delle opere d’arte della Basilica. Purtroppo non riesce a salvare il tesoro della Basilica ma salva la spezieria, i dipinti e le opere d’arte presenti nel convento. Passata l’orda francese restituisce il convento ai domenicani ed è in quel periodo, inizio del XIX secolo, che la villa diventa proprietà dei Rossi Danielli. Infatti oltre al convento il Rossi Danielli acquista dai padri predicatori anche il podere di 16 ha con villa padronale e annesso fabbricato rurale.

Ai nostri giorni la villa ha ospitato negli anni 1960-1970- S.M. Gustavo Adolfo VI di Svezia, archeologo famoso, il quale veniva a Viterbo per condurre in prima persona la campagne di scavi che l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma organizzava in località Acquarossa e Ferento sempre di proprietà Rossi Danielli e dove un altro Rossi Danielli, Luigi anch'egli archeologo all'inizio del novecento aveva riportato alla luce i resti del teatro romano di Ferento.

I servizi: soggiornare in una villa storica nella campagna viterbese

Arrivare a Villa Rossi Danielli significa varcare la soglia di un mondo diverso, un mondo governato dalla cordialità, dalla storia, dall'attenzione ai dettagli e da un'atmosfera magica..

Villa Rossi Danielli è il luogo ideale per i viaggiatori che vogliono visitare la Tuscia e le Ville Viterbesi esplorando la campagna laziale; a pochi chilometri dal centro di Viterbo, soggiornare nella Villa permetterà di vivere un'esperienza di viaggio d'altri tempi. Gli ospiti potranno beneficiare di comode stanze dove dormire e di un grande e rigoglioso giardino dove potersi rilassare immergendosi nel totale relax.

Gli ospiti potranno soggiornare all'interno del Relais di Villa Rossi Danielli 

I proprietari saranno a disposizione degli ospiti per organizzare tour della Tuscia, lezioni di cucina

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